Dead On Arrival review on Audiodrome

Per quanto riguarda la patria d’adozione bisogna, invece, sorvolare l’Oceano e finire negli States, dove i ragazzi sembrano aver lasciato il cuore e da dove proviene il loro rock’n’roll stradaiolo e bastardo quel che basta per mantenere il piglio del fuorilegge. Dritti dagli Ottanta e da quel calderone maleodorante da cui sono fuoriusciti LA Guns, Faster Pussycat, Mötley Crüe e allegri compagni di scorreria, gli Hollywood Killerz riportano d’attualità l’attimo in cui punk e glam si guardarono dritti negli occhi e si inchinarono al rock’n’roll, sguaiati, nichilisti, incuranti delle critiche e dei tentativi di addomesticarne l’attitudine. Non bastasse, i torinesi girano lo sguardo al proto-punk e strizzano l’occhio alle college-radio con l’immancabile ballad elettrica, così da realizzare un album completo e figlio di un sentire ormai sempre meno comune. Dead On Arrival è un tributo alla stagione d’oro dell’attitudine sleale e del glam-punk, ma non si appiattisce lungo un unico percorso, mostrando piuttosto tutte le sfumature di cui la formazione è capace e tutte le declinazioni di cui il genere può essere oggetto. La capacità di centrare il coro ruffiano e la voglia di contagiare l’ascoltatore donano al disco il piglio giusto e sopperiscono ad una evidente (e voluta) mancanza di originalità: in fondo si tratta sempre del buon vecchio rock’n’roll, iniettato di metal e sporcato di punk, ma fedele a sé stesso e al credo che ne segna il cammino. In quanto alla personalità, gli Hollywood Killerz dimostrano di averne e non si lasciano intimorire da paragoni scomodi e numi tutelari di sorta, vanno decisi per la loro strada e si imprimono nella mente, dimostrano di conoscere tutti i trucchi del mestiere e suonano con disinvoltura, perché si dovrebbe chiedere qualcos’altro?

A cura di: Michele Giorgi

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